sabato 31 luglio 2010

Bologna

Al mercato della montagnola, adesso, c'è un ragazzo giovane e alto che suona il violino. E' vestito da paggio del settecento e suona il violino, ha gli occhi chiari, sono celesti e suona il violino per tutti, con la custodia aperta, ci sono delle monete dentro, lui suona per tutti con gli occhi chiusi e riempie di musica questa passeggiata distratta in mezzo ai banchi di ogni roba, di ogni colore, di ogni faccia che vedo. Io mi fermo e non riesco ad andare via, e non riesco a smettere di guardarlo che suona con gli occhi chiusi, gli metto un euro perché riempie di musica questo angolo, di musica di violino e il violino non lo senti mai suonare dal vivo se non hai i soldi di andare a teatro a sentirlo, e lui ce lo sta regalando. E' così magro e ha lo sguardo così dolce e i capelli biondi a caschetto ed è uscito il sole e lui, quando gli metto l'euro sulla custodia aperta, mi dice grazie e mi guarda e sorride ed è così dolce, il suo sorriso, e io non dico niente, non riesco neanche a guardarlo, me lo porterei via con me, anche mentre continua a suonare, me lo caricherei su una spalla e via con me, vieni con me te, non riesco neanche a guardarlo e quel che è peggio è che non gli dico Grazie a te che ci regali la tua musica. Non dico niente, non dico mai niente, io.
E non riesco ad andarmene via. C'è un uomo, dietro, che lo guarda, come me, rapito. E' un signore con una camicia gialla e i pantaloni fino alle ginocchia beige e un grande sacchetto bianco, davanti. Uno di quei sacchetti che lo vedi bene che lì dentro c'è tutta la sua casa. Donne grasse ridono tra loro di risa grasse e lui, l'uomo con tutta la sua casa davanti, il collo infossato dentro le spalle e lo sguardo celeste, anche il suo, fatica a guardare dritto, che quella testa infossata dentro le spalle vuol dire che lui per guardare deve alzare gli occhi in su. Lo guarda immobile, le braccia gli penzolano di lato, e fatica a guardarlo ma lo guarda e poi tra sé e sé fa sì e mh con la bocca, perché apprezza il ragazzo che parla male l'italiano e che ci regala la sua musica con il suo violino.

(ieri, ore 12,00, a Bologna)

mercoledì 28 luglio 2010

I giri 'n giro

Questa mattina sono andata a fare i famosi giri 'n giro nella mia città con la mia automobilina.
Mentre viaggiavo ho notato dall'altra parte della strada un volkswagen bus anni 70 verde con disegnato un girasole enorme davanti (o era una margherita?) con il centro giallo proprio sul simbolo W, e qualche girasole (o erano margherite?) di fianco e dietro. Bello, ho pensato. Poi, dopo aver fatto i giri 'n giro, ho ripreso l'automobilina e tornando a casa ho rivisto lo stesso volkswagen ad un altro incrocio. Bello bello, ho pensato.

Poi alle quattro sono tornata in centro con la mia automobilina per fare altri giri 'n giro e, cercando di parcheggiare rigorosamente all'ombra, e io ce la faccio, mi è passato davanti lo stesso volkswagen verde con i girasoli (o margherite). Ma proprio molto bello, ho pensato.
Vado in libreria per ritirare un libro ordinato almeno un mese fa, passo sotto la vecchia pescheria e vedo che sta succedendo un set fotografico serio, un fotografo con la sua super macchina fotografica, con l'obiettivo lungo da qui a lì (mi sembrava tipo quei bicchieri di plastica dura di una volta che un pezzo entrava nell'altro e alla fine diventava una robetta piccolissima) fotografa una modella che si atteggia proprio da modella e infatti è proprio una modella vera, dentro e fuori, con le facce da modellissima. Mai vista una dal vivo.
Devo aver pensato fra me e me che uno ci nasce a saper fare tutte quelle facce smorfiose con la boccuccia e lo sguardino serio e i capelli lunghi svolazzini e gli occhialoni e le posizioni. Lei ci era nata sicuramente.

Poi sono entrata in libreria. E' la mia solita libreria. Svolti l'angolo nella piazzetta, e lei è lì, e dentro c'è la mia solita signorina libraia castana con la codina di cavallo, e lì c'è anche il mio solito incanto. Entrando ho avuto, lo ammetto, un attimo.
E poi c'è lei che mi dice che il mio libro non è ancora arrivato e che in agosto chiudono i magazzini e non se ne parla fino a settembre e allora io dico che mi guardo un po' attorno. Ho avuto, sulle prime, lo ammetto, un attimo. E guardo i titoli ma non so bene e allora io le dico: Cosa potrei leggere, mi dai un consiglio, che è una frase che mi vergogno a dire, non so perché, magari invece il libraio non aspetta altro, e lei mi fa: Cosa hai letto ultimamente e io le dico questo e questo e poi questo che mi è rimasto qui, e faccio il segno come dire sullo stomaco, ma nel senso bello; e allora lei dice: Ah. Ha già capito, sono nelle sue mani fidate, ha capito, prende un libro e mi dice: Questo qui è molto bello, se non lo hai letto te lo consiglio, oltre alla storia che è particolare, anche come è scritto, davvero bello e poi (e va verso un angolo della libreria, io la seguo, siamo sole. Non c'entra niente dire che siamo sole, ma lo volevo dire perché, lo ammetto, sono attimi) mentre va mi dice: L'hai letto L'arte della gioia? e me lo chiede come se sapesse già che Sì, come faccio a non averlo letto, e io le dico: No, e allora lei mi guarda con una faccia che ho avuto, lo ammetto, un attimo. La sua faccia brilla di felicità, me lo dà e mi dice di guardarli, mi lascia sola ma quasi no, mi si avvicina e mi dice Prendili, guardali, dacci un'occhiata, non ti faccio tutto il pippone della trama, vero? Sì sì, no no, le dico io; eccome (sono emozionata, quasi. Cosa le ho detto, infatti?). E li tocco e li sbircio e lei va di là, siamo ancora sole, e mentre va di là mi dice: Beata te che non l'hai ancora letto, veramente, beata te. E io lì ho avuto, lo ammetto, un attimo. E li ho comprati tutti e due.

E poi sono tornata alla mia automobilina e ho visto il volkswagen verde con i girasoli (o margherite) che mi passava davanti. Di nuovo? Comunque sempre bello.

Sono andata al mio altro appuntamento per portare il barattolo di pennarelli e le forbici; mentre aspettavo ho infilato le forbicine colorate tra i pennarelli con i tappi bianchi e mi sembrava una scultura, ed è arrivata l'Ivana con la bicicletta e il vestito blu, siamo salite a casa sua, le ho lasciato il barattolo, le ho detto: Ti ho fatto una scultura, e poi sono uscita dalla casa dell'Ivana piena di racconti e cose dette. A casa dell'Ivana ci sono sempre un sacco di racconti e cose dette. Belle.

Prendo la mia automobilina e torno verso casa. Inutile dire che, altezza stazione, ferma a un semaforo, sì, è la verità, dalla strada opposta vedo passare il volkswagen verde con i girasoli (o margherite). L'ho visto così tante volte oggi, eppure proprio non saprei dire se sono girasoli o margherite. Ho avuto, lo ammetto, un attimo. E dopo questo attimo, ho pensato: Ma cosa girerà per la città, tutto il giorno, questo tipo qua?
Poi ho pensato che anche lui deve aver pensato la stessa cosa di me, magari, e di una automobilina azzurra senza né girasoli né margherite. Dove andrà mai tutto il giorno quella là, in quella macchina azzurra, sempre giri 'n giro.

lunedì 12 luglio 2010

Lo sai che i papaveri



C'è un fatto, ed è che i campi di girasoli sono proprio una cosa bella. Ma a guardarli bene, i girasoli, sono anche una cosa parecchio spassosa.



Andando a lavorare ogni mattina, a destra e a sinistra della statale, tutto uno sbocciare di testine gialle. Io li guardavo e pensavo. Pensavo che un campo di girasoli parla, non c'è niente da fare.




Poi allora ho deciso di disegnare le cose che mi dicevano i campi di girasoli per fare un regalo ad un amico che è nato in giugno, come loro. E l'ho fatto.



E poi l'idea di condividerlo, lo spintone finale, la congiuntura astrale, il segno, la chiamata divina, il "fallo fallo fallo", la decisione definitiva (quello che volete voi, dai), l'ho avuto anche da questa foto qui, ché io le conosco quelle tre, e sono una roba bellissima, più dei girasoli.

Detto questo, un giorno per curiosità ci sono andata dentro, ad un campo, per vederli da vicino.
E, sì, lo so che i girasoli.
E sì, lo so che io son nata paperina e che ad un girasole medio gli arrivo a metà.
E sì, lo so che era esattamente trentasette anni fa.
(Ma che bel numero)

Ah, domani parto.
Ciao.

Sei indietro

Chiacchiere da ombrellone

- Chi sta leggendo Alta fedeltà?
- Io.
- Ma sei indietro di dieci anni.
- Indietro? Perché? Sono del '73 e infatti domani compio 27 anni.

(Dopo sì che sarà dura, che comincio a masticare i 28. Ma prima o poi tocca a tutti, dai, di avvicinarsi ai trenta).

mercoledì 7 luglio 2010

Di delfini, vacche e ornitorinchi

Io amo nuotare, sono nata granchia, sarà questo, comunque amo l'acqua. Qualcuno invece è nato felino, magari non ama l'acqua più di tanto, mentre adora dar zampate ai granchi.

Quindi quando vado in piscina a fare le vasche sono felice. E oggi ci andai.
Sono felice per almeno tre motivi:
Primo: finalmente mi muovo con criterio, che a far le pulizie sudi ma non consumi.
Secondo: solitudine.
Terzo: pensieri liberi di correre con te avanti indrè nella vasca senza interruzioni.

Inizio con tavoletta, piano piano, calma; son due anni che non nuoti, poi ti scoppia il cuore. Due vasche. Tre, meglio. Quattro va. Facciamo sei e chi m'ammazza.
E già si comincia col pensiero che va.
Rana: ero più veloce dei maschietti. Quattro vasche.
A scuola, quando la scuola non era lo sfacelo che sta diventando, si andava a nuoto. Dalla prima elementare alla terza media. Otto anni di nuoto. Tutte le volte che nuoto ringrazio i miei insegnanti. Due anni di sbattimento gambe per mezz'ora attaccati al bordo vasca prima di passare a nuotare veramente. Però son bravissima a battere le gambe. Sembra, ma non è scontato per niente.
Adesso altro che piscina, a scuola. Se i Comuni hanno ancora i soldi per mettere l'acqua nei rubinetti siamo fortunati. Però non voglio parlare del lavoro. Magari creo un blog, per quello. Lo intitolo "Aahhll'avoro, questo grande sentimento che." Magari. Non so.

Mi fermo, c'è l'acqua negli occhialini. Almeno, lo faccio credere. In realtà son già sfiancata e mi siedo a far finta di sistemare gli occhialini sulla scaletta.

Via, si riparte.
Stile: riga nera - boe - riga nera - boe.

Penso all'amore. Eh certo. A cosa vuoi che pensi una donna lasciata sola con i suoi pensieri? All'amore.

Riga nera - boe - riga nera. Sto spezzando il fiato, non sono ancora morta, il cuore batte regolare. Bene.

L'amore. riga nera - boe - riga nera. Ma quanto ci complichiamo la vita noi esseri umani? Voglio dire, in realtà cos'è "vivere"? nascere, crescere, svilupparsi, riprodursi.
No?

Sistemo occhialini sulla scaletta.
Rana, va.

Partiamo dal nascere. Ecco, già passi un anno di vita che l'unica cosa bella che ti capita è di attaccarti ad una tetta (e i baci della mamma). Per il resto non so, non mi ricordo molto, ma a vedere i pupotti in giro, è un momento della vita che sei completamente in balia di chi ti accudisce, non puoi nemmeno metterti in bocca tutto quello che raccatti da terra, che in realtà è il tuo unico desiderio. Mangi, dormi, hai i dolori di pancia. Già qualcosa sulla vita lo intuisci.

Stile: Boe - riga nera, boe - riga nera. L'acqua non mi entra più negli occhialini. Ci ho sputato e adesso ho davvero rotto il fiato. Parto in quarta.
Vè, tu, vecchio, non vorrai mica andare più veloce di me? Partiamo insieme, te la faccio vedere io. Sono arrivata prima io AH AH. Perché riparti già, nonno? Vabbè dai, io mi devo fermare che sennò mi viene una sincope.

Tavoletta.

Poi arriva lo sviluppo. Cioè, ad un certo punto io mi ricordo che ho finito le Medie, e con le Medie ho finito anche di fare nuoto. Poi dovevo studiare al liceo, spazio per lo sport ce n'era poco. E poi mi ricordo che nel mio corpo c'è stato un momento che spuntavano rotoli ovunque. E' lo sviluppo, dicevano. Oh, puf! le tette. Oh, puf! un culo (pigro), Oh, puf puf puf i brufoli. Ecco lo svilupparsi. Tutto un susseguirsi di inarrestabili puf. Dopo i primi tempi a toccarmi le tette che erano un gioco divertentissimo, mi son venute a noia e son passata ad altri interessi fuori di me. E' lo sviluppo, dicevano.

Stile. Adesso parto davvero. Riga nera - boe - riga nera - boe.
Riprodursi. Facile. Siamo nati per vivere, svilupparci e riprodurci. Siamo nati per farlo, deve essere una roba facile. E invece no. Noi esseri umani l'abbiamo trasformata in una roba complicatissima, in un MartaFlavi Mariedefilippi Sessuologi casini trombamiche cuore sole amore. Non è facile niente, ho capito. Non è facile nascere, non è facile crescere, non è facile vivere e non è facile svilupparsi. Tanto meno è facile riprodursi.

Se nascevo gallina, se nascevo leonessa, se nascevo animale non umano, magari era facile. Non lo so. Mi hanno raccontato i miei al ritorno dall'Etiopia che c'è un uccello, per dire, che costruisce il nido alla sua bella passerina, lo fa con tutti i crismi, e lei aspetta cinguettando e spassandosela qua e là.
Poi lui la chiama e lei, se le piace il nido, bene, è cosa fatta; ma se non le piace, ecco, allora ciccia, la passerina gira il culo e lascia lì nido e uccello. Capito? E lui cosa fa? L'hanno visto, ho le prove. Lui disfa nervosamente a beccate violente il nido rifiutato e ne fa un altro. Sempre per lei. Forse non è questione di essere umani o non umani. Forse è la natura che è così, complicata. E così ce la zuzziamo. Già che siam qui, meglio cogliere i lati divertenti.

Dorso. Vai di dorso che tutta sta rana m'ha fatto venire la lordosi, non è che ho gli addominali, io, che reggo tanto la rana. ahia che male. Mi entra l'acqua dal naso, a fare dorso. Non so perché, non lo so fare bene, forse. Però si vede il tubo bianco enorme sul soffitto che scorre veloce in alto. 'Sta vasca a dorso non finisce mai.

Io alla fine l'ho scampata. Ho trovato l'uccellino bello che m'ha costruito il nido, mi son riprodotta in due mandate, adesso non ho più voglia di riprodurmi ma faccio le prove per finta, regolarmente e con gran divertimento. I sentimenti, però, ecco, quelli non invecchiano mai e turbano per tutta la vita. Non so se è così anche per gli animali. Bisognerebbe chiederglielo. Ma non credo di aver mai sentito un gatto sospirare. Ammazzarsi per riprodursi, sì. Sospirare, mh, no. Non mi risulta. E neanche una gatta. E neanche una mucca. E neanche una gallina. E neanche un orangotango, un coccodrillo, un elefante, due piccoli leocorni.

Esco. Alla fine son stata dentro un'ora. Meraviglioso. Domani torno.

Salgo la scaletta e penso che, alla fine dell'anno, in terza media, ero arrivata a imparare lo stile delfino, o farfalla che dir si voglia (ero anche avanti rispetto agli altri, mi ricordo, che soddisfazione). Ma è finita la scuola, e io non ho mai imparato. Adesso se ci provo, faccio due bracciate e pluf.
Però magari imparo, ho ancora tempo.



(eccomi, dodici anni di vita fa, prima della doppia riproduzione e altre quisquilie. Egitto, nuoto vicino ad una delfina incinta, in mare aperto. )

domenica 4 luglio 2010

Mia mamma

Mia mamma, in giugno, è stata in Etiopia a fare cose belle.
Mia mamma è sarta e a suo tempo mi cucì la bambolina di Sara, protagonista delle presentazioni del mio libro in giro per librerie.

Mia mamma, in Etiopia, ha cucito Sara per le bambine che ha conosciuto.



Le bambine erano felici, e hanno giocato con Sara.





Io ho visto le foto, e mi sono innammorata.

Succedono cose belle.

venerdì 2 luglio 2010

Adatto

"...perché vedi ci sono delle bambine, se vuoi farle fare danza, devono avere il fisico adatto, devono essere piccoline, ci vuole quel fisico da ballerina".

Signora, tu sei scema nella testa.

Tu, persona dal cerebro medio incapace di pensare perché sempre a guardare quelle schifezze in tv delle gare di danza mortificanti per il corpo e per lo spirito.

Tu, persona che pensi che ci voglia un fisico adatto per diventare una ballerina.

Tu che pensi alla danza come show, come esibizione.

Tu, che magari sei mamma e porti la bambina a danza e la impomati col tutù e le fai fare la pagliaccetta e applaudi quando ripete assieme alle altre poverette-costrette-male/educate-pagliaccette i passetti imparati e la vedi magari già grandi nelle suddette trasmissioni a continuare la pagliacciata.

Tu, ma che idea malata hai della danza? Che idea malata hai del corpo? Che idea malata hai della vita?

Tu, secondo me, sei una persona malata incapace di ballare.

Tu non hai capito, o non sai. In entrambi i casi mi dispiace per te.

Ballare deve e può chiunque, senza distinzione di età, sesso, religione. Poi si possono imparare delle tecniche, per farle proprie ma soprattutto per superarle, senza distinzione di età, sesso, religione.

Tu, che la pensi così, non sai ballare e la tua vita è triste, e lo sarà sempre, finchè non inizi, in cucina, ovunque, con la radio che va, ma anche nel silenzio, a muoverti, a muovere il tuo corpo che è bello così com'è e ha dentro armonia. Allora ballerai, allora capirai. Allora cambierai idea, sulla danza e sulla vita.

(Quello tra virgolette in alto è un discorso sentito oggi in spiaggia).
(Io, invece, non ho detto niente. Purtroppo.)

giovedì 1 luglio 2010

Vorrei

Vorrei parlare d'amore, ma non mi va
vorrei parlare di merda, ma non sta bene
vorrei parlare di me, non è educato
vorrei parlare di te, ma non si può
vorrei parlare di ieri, ma oggi è meglio
vorrei parlare di domani, ma oggi è meglio
vorrei parlare di oggi, ma per dire cosa?
Vorrei parlare, ma vedo che vieni verso di me
vorrei parlare ma tu
vorrei parlare, ma perché hai in mano un foulard?
vorrei parlare ma perché adesso mi tappi la bocca con un fazzmmbmmhh

Adesso stai zitta?
mmbhhh.

Delle volte uno vorrebbe scrivere un post, non ha niente da dire di interessante, ma comunque ha voglia di aggiornare il blog, che è lì che sembra morto e dispiace, vedere passare le rotole di polvere misto paglia per la strada, si sente anche ffuuu e poi un gran silenzio e poi fuuuhuu, poi dispiace avere un blog western tutto in una volta.

Comunque questa cosa scritta più per noia che per convinzione mi ha fatto venire in mente quella volta che mio nonno non stava tanto bene e eravamo tutti attorno a lui sul divano e chiacchieravamo tra di noi. Lui dormiva e noi ce la raccontavamo un po', così, per fargli compagnia. Era bello stare tutti insieme, attorno al nonno sul divano. Mia nonnna ogni tanto lo guardava e gli diceva Perché non mi parli, parlami, dimmi qualcosa, poi gli prendeva la mano e gli diceva Dai, parla. Erano così belli, li guardavamo. Poi continuavamo a chiacchierare. Lei però non voleva proprio che lui non parlasse, e allora ricominciava e gli diceva Dai parlami, dimmi qualcosa, su, non dormire sempre, parla almeno un po'. Lui non parlava e noi chiacchieravamo, la nonna sorrideva e gli teneva la mano, gli carezzava le gambe e diceva che se non era per quel maledetto congelamento dei piedi in guerra, lui starebbe ancora bene, invece vedi, i suoi piedini, poverino. Dai parla, non stare sempre zitto, però.

Nonna, le ho detto ad un certo punto, ma se adesso il nonno potesse parlare, cosa ti direbbe?
Lei ci ha pensato un po', lo ha guardato e mi ha detto: Mi direbbe "stai zitta Maria".