mercoledì 29 dicembre 2010

Sempre bello

- Buongiorno! Signora ***?
- mh mh
- la chiamo per esporle le nuove offerte di ***, come mi era stata detto di fare qualche settimana fa
- le passo subito mio marito...

mano sulla cornetta
C'è la tipa di *** che ti vuole raccontare tutte le nuove offerte.
Dille che adesso non posso.

- dice che non può venire, che ha da fare.
- allora richiamo, va bene tra un 'oretta?

mano sulla cornetta
Dice che richiama tra un 'oretta.
Non posso neanche tra un'oretta.

- dice che non può neanche tra un'oretta.
- ah, capisco. Allora quando può?

mano sulla cornetta
Dice: quando puoi?
Nell'anno nuovo.

- dice: "nell'anno nuovo"
- ah, quindi va bene anche, tipo, per la Pentecoste...
- la Pentecoste VA BENISSIMO!
- signora d'accordo, la saluto
- saluti a lei, e tanti auguri.

Ho anche sorriso, veramente, ma lei non poteva vedermi.

Auguri a tutti quelli che lavorano per *** e anche per +++ e anche per ^^^ e insomma a tutti quelli che devono chiamare nelle case per lavoro, e che di sentirli son felici solo i vecchietti che ti raccontano TUTTA la loro vita, la vita dei figli, dei vicini e dei parenti lontani, che poi metton su delle telenovele pazzesche, e poi non puoi stare senza sapere come finisce, se il vecchio è morto o se alla fine quei due si son lasciati; e che alla fine ti salutano dicendo: signorina è stato bello parlare con lei, richiami presto che poi le dico come è andata a finire, eh!

lunedì 20 dicembre 2010

Tecnicismi

Mi chiamano da scuola, sono a casa perché ho il turno delle dieci, ho il phon in una mano, i capelli arrotolati sulla spazzola nell'altra mano e la cornetta del telefono nella terza mano.
E' la mia collega. Mi dice C'è il tecnico del computer, io non so bene cosa dirgli, te lo passo.
Passa passa.

Il computer della scuola aveva una malattia molto terribile, grave e sicuramente rara. Lo dico perché schiacciavo il bottone, lo accendevo, si accendeva, e poi la freccettina cominciava a fare tutto un balletto, sembrava come se gli fosse preso il ballo di S. Vito; poi la appoggiavo sopra una cartella e quando ci cliccavo sopra, il computer faceva Blurp, diventava tutto blu, poi tornava all'inizio e accedi, diceva. Accedi pure, ma la freccetta faceva il suo balletto e via di clic, e via di blurp. Io avevo anche provato a spegnere, due settimane prima, e a riaccendere, trucco da vecchia canaglia imparato dalle vecchie canaglie, che a volte le macchine son strane, basta spegnere e riaccendere, dice, o riavviare. Ma niente, stesso ballo di S. Vito. Avevo anche provato, a mani congiunte occhi chiusi e preghiera intima tra me e lui, a distanza di una settimana, a riaccendere. Niente. Allora avevo pensato che il computer si fosse preso per cause x una malattia gravissima, di quelle che mettono ko le banche mondiali con tutti i milioni e milioni e i dati e i casini mondiali.
Chiamiamo il tecnico, non c'è altra soluzione. Cioè, prima chiamiamo la segretaria della direzione che poi chiama il tecnico. Ma cos'ha? Mi chiede lei. Eh, non lo so, sicuramente un virus pazzesco, ma pazzesco proprio, guarda, non sai, gli toccherà sicuramente portarselo via.
- Sì, però, ragazze... Ma hai provato a riaccendere?
- Ma certo! Niente, ti dico, sta volta s'è preso qualcosa di grosso.
- Ma come, se non avete la rete?
- Ma sai, le chiavette...
- Ma non dovete usare le chiavette!
- Eh sì, ma figurati, come fai a copiare i documenti (ecceteraeccetera)...
- Va bene, vi mando IL TECNICO.

Ora:
il tecnico, io lo so, è una razza tutta particolare. Al tecnico succede che va negli uffici del Comune perchè lo chiamano che la stampante è rotta, non va, e lui arriva e dice: Vede questo filo? Si chiama A l i m e n t a z i o n e (scandisce, io lo so che scandisce), e va attaccata alla presa. Poi la stampante va.
Il tecnico poi esce dal Comune e sbuffa. O impreca. O ride. Oppure tutto. Di sicuro, ma di sicuro, scuote la testa.

Ecco, io ho sempre timore reverenziale per il tecnico del computer. Lui, il tecnico, è addirittura capace di domare la macchina senza il mouse, vi rendete conto? SENZA IL MOUSE. Tictictaciticaticaiitcai e il compute si inginocchia. L'ho visto, giuro. S'inginocchia.
Quindi, dato il mio timore reverenziale, chiamo solo se le ho provate tutte, se proprio è grave. Io non voglio che scrolli le spalle.
Allora, con la cornetta nella terza mano e le altre due mani impegnate tra fono e spazzola (devo aver studiato al circo in una qualche vita precedente), dico:

- Salve, sono la maestra. Ha guardato il computer? Lo porta via, vero? Deve essere gravissimo, lo so.
- Veramente va. L'ho acceso, e va.

Ecco, con la spazzola e i capelli attorcigliati e il phon nella mano, sento che mi sale da dentro una roba, un misto di rabbia dolore vergogna.

- Come sarebbe: "va"?
- Va. Ma cosa aveva?
- Dunque...

E lì, dentro di me, me lo raffiguro benissimo mentre esce dal cancello e scrolla la testa con una grande delusione dentro e disistima per tutta la categoria insegnante completa. Però io adesso vorrei capire una cosa: i computer sono bastardi?

Una volta, mi ricordo, il grande avrà avuto sei mesi di vita, fuori faceva un freddo pinguino artico, erano le due di una banale notte di gennaio e questo qui inizia a strillare come un pazzo. Non vuole tetta, niente tetta. Canta, culla, massaggia, canta canta, massaggia, culla, scuoti (anche vigorosamente) e piangi (assieme). Niente. Urla da ossesso indemoniato. Ha la febbre? Macché. Ruttino? macchè. Cacca nel pannolino? Tampoco.
Andiamo all'ospedale, avrà sicuramente qualcosa di gravissimo, senti come urla. Pronti. Freddo pinguino, vestiti vestilo incappuccialo incopertalo (operazioni nient'affatto facili durante una crisi d'indemoniamento). Via per la strada verso l'ospedale. Spera prega prega spera che i semafori siano verdi. Non c'è un cane. Strada liscia. PER FORZA! SONO LE DUE di un banale giorno della settimana di gennaio e c'è un freddo pinguino! Chi vuoi che ci sia, se non due poveri giovani sfigati con un demone attorciliato dentro strati e strati di coperta?
E poi, davanti al cancello dell'ospedale, magicamente, lui smette. Fine. Silenzio. Pace. Dorme. DORME. Ma si può sapere che cacchio ci avevi da urlare tanto che adesso dormi?
Con l'occasione, alle tre di notte nel freddo pinguino artico, quella notte ci siamo fatti un romantico giretto in macchina al porto, canale destro, canale sinistro, zio canale che sonno e che freddo torniamo a casa.

E così fa il computer. Con te non va, arriva il tecnico e Plin! Va. Perfetamente.

- Guardi, io, nel senso, ecco, la freccetta... quando la puntavo in una cartella, per esempio, faceva come tutto un balletto (terminologia tecnica), poi cliccavo su per aprirla, e il tutto faceva blup (altra terminologia tecnica), e tornava automaticamente alla pagina iniziale; insomma, non mi faceva fare niente (altro termine tecnico). Ho anche pensato che, forse, un bambino per giocare mentre non vedevo avesse staccato il filo del mouse, non vorrei averla fatta venire per il filo del...
- Ma la freccia la muoveva?
- Sìsì, solo che poi ballava tutta...
- Allora non era il filo del mouse. Ma poi si ricorda altro?
- Ecco, sì, che poi per la disperazione (approccio di risoluzione tecnica da manuale) spegnevo di cattiveria dal bottone e usciva una finestra che diceva "blabla.exe" (e qui siamo all'ultima frontiera del tecnicismo più spinto). E lì io ho pensato che si fosse preso un virus gravissimo e ho chiamato in direzione.
- Credo che sia andata così: (non ci provo nemmeno a ripetere quello che mi ha detto, ma in sostanza credo volesse dire che il computer doveva finire di fare qualcosa, che era rimasto in coda, quindi non riusciva a ripartire. Quando lui lo ha acceso, dopo diverso tempo che non veniva più acceso, questo qualcosa è finito e allora è ripartito bene).
- Quindi non mi odia per averla fatta venire?
- Nono, passavo comunque per l'altra scuola.
- Senta, ma non può essere che la causa stia nel fatto che a volte noi maestre ci dimentichiamo di spegnere il computer, poi la schermata diventa nera (termine tecnico) e prima di andare via ci dimentichiamo che è acceso e spegnamo direttamente dalla ciabatta?
- Succede questo?
- Eh, sì, a volte può succedere, sa, con i turni...
(credo di aver sentito come un lontano urlo di dolore provenire dalla cornetta)
- Ecco, questo dovreste evitarlo, fa molto male al computer.

Orbene, siamo al lieto fine,
adesso il computer va. Andiamo d'accordo, lo spegnamo passando dal via e non finiamo più per stare ferme un giro in prigione. Soprattutto, però, siamo simpatiche al tecnico. Me lo sento che non ha scrollato le spalle e che è andato via quasi intenerito.
(O meglio, mi piace tanto tanto credere che sia così).

mercoledì 15 dicembre 2010

Fidarsi

Come cittadina italiana che vive questi eventi politici incredibili, sento di essere entrata in un capitolo memorabile della storia del mio paese. O forse è meglio dire il contrario.

- Perchè guarda che le storie per i picciriddi, alla fine...
- Cioè?
- Metti quella bambinella col cappottino rosso.
- Eh.
- Ecco: ha preso la scorciatoia, no? Il lupo le ha detto Prendi la scorciatoia, ha fatto così con la zampa, le ha detto: vai, vai di là, che fai prima, e lei ha preso la scorciatoia, ha voluto arrivare prima dalla nonna e ha seguito il consiglio del lupo cattivo, capito? E vedi come è finita. Magnata la nonna e magnata lei.
- Sì, ma poi è arrivato il cacciatore.
- Certo, è una storia per picciriddi. A prendere le scorciatoie che ti indica il lupo, però, non so se la fai sempre franca. Non so se arriva sempre il cacciatore, poi. E intanto il lupo si ingrassa, se magna te e se magna la nonna, che porella, è pure malata e non c'entra niente.

Perché prendere le scorciatoie che ti indica il lupo, quelle scorciatoie lì son delle trappole; ti può andare bene una volta, due, ma non va bene sempre.

Certo, quella lì è una bambina e mi dirai che è stata ingenua, che la fiaba ha ben altri risvolti psicologici e pedagogici e bla bla relativi alla crescita, certo.
Ad una persona grande però si fa più fatica a imputare ingenuità e a vederla come vittima di un inganno. Infatti è il caso di chiamarla furbizia. E la furbzia non è indice di intelligenza quasi mai. E in queso caso mi scoccia da matti perché c'è sempre qualcun altro che paga. La nonna: cosa c'entra la nonna, che è pure malata?
Mica si può difendere, la nonna. Non può alzarsi dal letto, affrontare il lupo che le si para davanti. Il lupo è lupo, deve mangiare per sopravvivere. Il lupo fa così, deve sopravvivere e si studia la caccia.
A volte arriva il cacciatore, a volte no, a volte il lupo se magna pure quello.

Allora se penso che ci son furbi nel mondo che seguono i consigli dei lupi per fare meno fatica e prendono le scorciatoie per ottenere qualcosa, e che alla fine poi ci rimette la nonna, ah, niente, quando penso così, mi viene dentro una roba che penso che più che il lupo, prima di tutto mi sta sulle balle cappuccetto rosso.

mercoledì 8 dicembre 2010

Venezia parte secondua

Organizzo io, e questa volta niente cialtronate.
Mattina presto, si parte in orario, tanto che nonostante la congiura bolognese riusciamo ad arrivare a Padova, a vedere la mostra, a mangiucchiare qualcosa e ad essere in stazione con, addirittura, largo anticipo: dobbiamo prendere al volo il treno degli splendidi che son partiti da Vicenza. Direzione: Venezia. Ore: 14.
Appuntamento preso, è tutto ok.
Van, guarda il binario del treno numero 5493, mi raccomando, un locale, direzione Venezia. Binario 11. Sicuro? Sì. Ok.

Allora: ci siamo io, il largo anticipo, il Van, il trolley, la borsettina, il berrettino, la sua ziga accesa e poi spenta, io seduta nella panca di ghiaccio e lui in piedi, solo noi due, alle ore 13,50 del pomeriggio, noi soli che aspettiamo il treno numero 5493 al binario 11. Precisione contro cialtronismo. Basta, da oggi la mia vita è cambiata. Niente cazzate, niente improvvisazioni. Sono stata brava, vero Van? Sì tesoro. Grazie. Ok.
Mi sento talmente in gara contro il mio cialtronismo (Lia uno, cialtronismo zero, autostima mille) che sono anche seduta tutta precisa con la schiena dritta, le gambine chiuse, le mani sulla borsa. Sembro un po' mia nonna. Gli splendidi saranno fieri di me. Non sono più quella che arriva quattro ore di ritardo.

Sms della splendida: siamo in testa, praticamente guidiamo noi. Risposta mia (un po' tronfia): Siamo già sul binario. Quando arrivate, affacciati.
(Sono felice, sono stata bravissima. Ho un sorriso e una felicità in faccia che faccio anche un po' pena. O fastidio. Dipende.).

Aspettiamo e ad un certo punto, nel silenzio del vuoto della solitudine del binario numero 11, sento un urlo provenire dal binario 8. Incredibile: il mio nome. Incredibile, ma quella che urla sembra la splendida. Incredibile: è la splendida. Che urla. Il nostro nome. Affacciata a un treno. Del binario 8, però. E che dice: ma cosa fai seduta lìììììì?

Io mi ricordo solo che urlando Non ce la faremo maiiiiiiiiiii, afferro il trolley che se ne stava elegantemente posizionato di fianco a me, e corro, corro,
e che poi volo giù dalle scale del binario 11,
e che poi devo salire le altre scale del binario 8,
e che poi affronto la gente che scende da quelle scale, e che sembra un milione di esseri umani,
e che poi corro come salmone che risale contro corrente per deporre le uova,
e che poi eroica riesco a lottare contro il destino che mi rende sempre comunque cialtrona,
e che poi, finalmente, con un salto aggraziatissimo, riesco a salire sul treno.

Sudata come una capra, mi accorgo che dell'aplombe di mia nonna non ce n'è più nemmeno l'ombra, morto lungo la risalita salmonica contro la cascata umana.

Quando lo splendido ci viene in contro, in treno, io riesco solo a dire, affranta e a spalle calate:
Te lo giuro, non è colpa mia.

(continua)
(forse)

lunedì 6 dicembre 2010

Crescere

Alla fin fine, quando il piccolo ribelle ne combina una, pur arrabbiandomi non posso non guardarlo con tenerezza, perché lo ammiro.
Nello stesso tempo devo dargli la regola, devo mettere un paletto.

Se non lo facessi, gli scipperei uno dei suoi più importanti diritti: la trasgressione.

giovedì 2 dicembre 2010

Dialoghi tra adulti

D. tira i capelli all'amica perché vuole la stessa bambola. Una piange (e non molla la bambola manco minacciata con una pistola), e l'altra ha il muso.
Bisogna che faccio qualcosa, penso.
Mi getto tra le contendenti.

- Se vuoi una bambolina, ce ne sono altre. Adesso però chiedile scusa, le hai fatto male.
- Non sono capace.

Neanch'io, ho pensato guardando in su.
Poi abbiamo deciso che entro l'anno impariamo a farlo, entrambe.