sabato 29 gennaio 2011

post veloce

volevo solo dire che delle volte la rete mi sembra come un tapis roulant che io sono sopra, e le informazioni corrono veloci e sono così tante, sarebbero tutte importanti da leggere, corrono veloci, e io son di quella generazione che legge lentamente, che vuole assaporare, che vuole capire e ha bisogno di tempo, scavare, scavare, di fermarsi su ogni frase, ma cosa vuoi scavare, invece la rete è un tapis roulant di informazioni, e relazioni, è veloce veloce, bisogna fare veloce, oppure come da piccola che mettevo su una stazione radio e mentre ascoltavo quella stazione invece di godermela stavo lì a pensare che me ne stavo perdendo altre centomila, di robe interessanti, mi veniva l'ansia, anche, ché non è mai stato facile scegliere per me, non so per voi, alla radio, ma dico anche in generale, nella vita. Allora niente, dicevo, la rete è come un tapis roulant e mi viene questa ansia, ultimamente, non so. Insomma, alla fine, voglio dire che ultimamente, tutte le volte che ci vengo, nella rete, ecco, niente, tutte le volte io finisco per rovinare faccia a terra.

venerdì 21 gennaio 2011

Spaccati

Spaccato 1.
La tanto amata capacità di sintesi (ovvero: beata gioventù)

Spacchiamo la mia quotidianità e vediamo la sottoscritta, martedì alle ore 18,30, andare a prendere il figlio novenne a calcio. Fuori fanno tre gradi sopra lo zero. E nebbia.

Segue questo dialogo.

- Ciao Ale, è tanto che aspetti?
- Mh, no, saranno tre minuti.
- Ma hai la pelle d'oca nelle gambe! Hai avuto freddo?
- Ma va là.
- Ma veramente? Di' la verità, solo tu avevi i calzoncini corti.
- No no, uno aveva anche la maglietta corta.
- Ma dai!
- Sìsì.
- Pazzesco... ma cosa siete?
- Bestie.


****

Spaccato 2.
DiversAbilmente meraviglioso (ovvero: povere vecchie)

Spacchiamo la mia quotidianità una seconda volta e scopriamo la sottoscritta a scuola intenta a dialogare con la collega. La sottoscritta è di spalle alla porta della sezione e la collega, parlando, continua ad avvicinarsi sempre di più, sempre di più, senpre di più (no, non mi voleva baciare, maiali).
Io non posso allontanarmi (ho la porta che mi blocca) e non la voglio interrompere perché sto seguendo con molta attenzione ciò che mi sta dicendo. Solo che se si avvicina un altro po' io non la vedo più, causa vecchiaia incipiente.

Segue questo dialogo:

-Terry, se ti avvicini ancora un altro po', io non ti vedo.
- Eh! Il problema è che se mi allontano, io non ti sento.

lunedì 17 gennaio 2011

che bello poterlo dire!

Che bello poterlo dire, l'ho sempre sognato, trentasette anni e m'è successo troppo raramente per potermene vantare.
Ma questa volta, ooooh, questa volta posso, lo dico eccome, e pure con spocchia:

Io ve l'avevo detto.


"Marta si siede. Sorride. Scuote la testa.
- Gianni, sai cosa mi è venuto in mente l'altro giorno, a proposito?
- Cosa?
- Che tra un po' chiameranno le elezioni, magari metti che la tensione sul lodo Alfano o sui vari spatuzza aumenta...
- e allora?
- e allora gli sceneggiatori di 'sto romanzo criminale ne hanno in mente un'altra, vedrai che calano l'asso.
- cioè?
- Adesso, dopo che al nostro personaggio alla Eric Forrester è arrivato un duomo in faccia, dato lo shock del non essere forse amato proprio da tutti tutti, nasce nel suo cuore un grande ripensamento, la notte dell'Innominato, tipo. E per copione, si redime. Prima mossa: perdona Tartaglia, o come si chiama. Seconda mossa: Santo Padre. Terza mossa, e qui si vede il genio di chi scrive le puntate...
- dai cazzo, mi sto già inquietando, ché quando fai così mi metti un po' paura.
- Babbo, non si dice cazzo
- Hai ragione, scusa.

- Senti Marta, per me quei due di là me lo dicono perché così hanno il bonus parolaccia. Chiudi la porta va'.
Marta chiude la porta.
- Comunque, dicevo, adesso, se si sarà in vista di elezioni, arriverà la Lady D de noaltri.
- Ehhhh?
- Ma certo. Ascolta il capolavoro: dopo la notte dell'Illuminato (che tra l'altro è Natale, pensaci), c'è la redenzione. Basta porcaio, basta ciarpame senza pudore. Arriva il grande amore, i veri valori, il nido che riscalda... Una bella quarantaduenne, magari, chessò, una che ha sempre lavorato nel sociale, facendo del bene, una che ai soldi non ci pensa... una del popolo... et voilà! La storia continua, il popolo può avere il suo romanzo! Colpo di scena! I migliori santi, si sa, sono quelli che sono passati attraverso tanti errori, una vita dissoluta, una vita confusa...
- Oh mio Dio, dai, così è troppo sporca.
- Ah, beh, perché, fino ad ora, siccome...
- Mh, hai ragione.
- E sai tutto lo spettacolo che ne consegue, tutto il flashback sulla vita di lei, le foto della loro segretissima storia d'amore (segreta perchè lui la vuole proteggere, ah l'amour). Già mi vedo tutto, e poi il matrimonio. E il popolo lo vota. Fine.
- Merda.
- ...
- ...
- Se succede davvero, sai cosa penso?
- Cosa?
- Che ho un po' paura a dormirti di fianco, francamente.
- Ahahahaha.
- Va beh, andiamo va'. Andiamo a sbattutare un po' su Spinoza. Alla fine, pensare sì, sempre, ma meglio riderci anche un po' su. Altrimenti poi il sangue mi va tutto in aceto. A pensarci, guarda, mi darebbe gusto però. Visto che ce lo bevono, il sangue, che si becchino del gran aceto."

(Natale 2009, dalla prima storia di Gianni e Marta, qui)

domenica 16 gennaio 2011

I giorni della merla (fino al collo)

Stupidipensieri amari e veloci nei giorni della merla.

Ho letto un po' di cose in giro e sono incazzata. Sono incazzata per Mirafiori, sono incazzata per il teatrino della politica italiana, sono incazzata per la riforma scolastica (e siamo solo alle notizie in Italia), sono incazzata e cerco di capire.
Non è la prima volta che la politica mi fa incazzare, sono anni che mastichiamo schifezze e delusioni e sono anni che cerco di pensare a piccole personali nicchie di felicità dentro il marasma generale.
E ogni tanto mi chiedo: cosa racconterò ai miei figli o ai miei nipoti di questi momenti, cosa dirò che facevo, io? Come reagivo, quale è stata la mia parte?

Gli operai sottoposti al referendum: cosa significava dire sì, cosa dire no? Cosa significa essere posti di fronte ad una scelta-non scelta, di fatto contro un gigante (la logica di mercato, burattini e burattinai) che può arbitrariamente e sempre di più piegarti e impedirti di vivere una vita dignitosa, con un lavoro in cui non ti senti uno schiavo sottopagato e che non ti mette nella condizione di essere in competizione contro i tuoi stessi colleghi per un tòco de pan, potere che ti impedisce di renderti autonomo, o crearti una famiglia, o sapere che avrai la possibilità di far studiare i tuoi figli (per dirne solo alcune)?
Un referendum che ti mette di fronte alla scelta: "o sì o taac"? (cit da qui)
Ma per favore.

Cosa significa dire sì o dire no?

Questo referendum, questa finta scelta è solo una briciola nelle enormi contraddizioni in cui ci siamo infilati in duemila anni di storia.
Se non ci mettiamo in testa che è il momento di studiare, leggere, capire, TUTTI, di renderci consapevoli delle dinamiche storiche, sociali (e psicologiche, anche) che governano il nostro vivere a livello personale, locale ma anche globale (per dirne solo alcune: ridistribuzione della ricchezza, tecnologia per migliorare la qualità della vita di tutti, ricerca di forme nuove e ecologiche di produzione dell'energia, fine dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e di nazioni su altre nazioni, ma al contrario andare verso la logica dell'uomo per l'uomo - e lo diceva già E. Fromm - eccetera);
se non ci mettiamo in testa che è ora di cercare strade nuove, ma condivise, insieme, allargado anziché stringendo il campo, sentendosi parte del mondo e non cercando la propria identità in cerchi sempre più stretti, regionali, religiosi, di colore, di lingua;
se stiamo qui a guardare l'orticello, fare i rattapezzi che non solo non bastano ma aprono altre criticità e chiamano altri rattapezzi;

e allora continueremo a vivere di rattapezzi, continuerà ad aprirsi la forbice tra ricchi e poveri, continueremo ad alzare muri, ideologici e reali, a inseguire il bisogno di sentirci grandi attraverso qualcun altro che soccombe, a farci la guerra tra poveri, ad essere oppressi con la violenza da chi ha il potere in quel momento.

***
Ma siamo alle solite. Alle solite perché la dinamica (a livello micro e macro) è sempre quella. Com'è che la storia ha conosciuto schiavi, persecuzioni, guerre, rivoluzioni sanguinarie per rovesciare governi sanguinari e oppressori, e adesso siamo di nuovo lì?
Siamo ancora lì. Sarà che siamo fatti così.
La verità è che l'uomo ha la memoria del pesce rosso. Mio nonno è morto e mia nonna non dà più nel quindici, e quel che racconterò io ai miei figli sarà una piccola porzione e magari romanzata di quello che loro hanno vissuto con la povertà, con il fascismo, con la guerra e con l'emigrazione oltreoceano perché qui, negli anni 40, non c'era lavoro.
E raramente rileggiamo la storia. E raramente ce la raccontano in tv. E ormai non c'è tempo per farla (bene) a scuola; e se la fanno, è difficile poter approfondire i temi con la calma che richiedono. La storia ci casca addosso, e per taluni è pesante come un macigno.

E poi non abbiamo tempo. Non abbiamo tempo per studiare, non abbiamo tempo per informarci, non abbiamo tempo per leggere e discutere con altri. Non abbiamo tempo perché lavoriamo tutto il giorno e portiamo avanti una famiglia. Non abbiamo tempo perché la giornata è di ventiquattro ore e siamo presi dentro il turbine del quotidiano. O delle cazzate.

Ok, non io ho tempo ma ho deciso che lo devo trovare. Oggi c'è la possibilità di fare circolare le idee come mai prima d'ora. Lì risiede la sfida. Però le idee nascono se il cervello lavora, oppure c'è il vuoto, o la defilippi, o star dietro alle puttane della politica italiana (anzi, alla politica delle puttane italiane) o peggio, seguire l'ideale di moda e abbracciare la forca, così si sfoga un bel po' di rabbia, intanto.
E far lavorare la testa richiede fatica e tempo. Tempo di informarsi e fatica di ragionare.
(poi, in rete ce la raccontiamo tra di noi, eh, ma è un inizio).

Io, ad esempio, non conosco bene l'economia politica (storica e contemporanea), ne ho solo qualche informazione parziale e spesso confusa, e ammetto che mi piacerebbe saperne di più, che qualcuno me la spiegasse, ché da soli è difficile davvero. Senza conoscenza si parla per luoghi comuni e se ne producono anche. Troverò il tempo? Non lo so. Adesso non la conosco bene, ma conosco l'uomo abbastanza da sapere che la perfezione non esiste e che le tensioni e le contraddizioni fanno parte della sua natura più profonda; che si fa causa al vicino per una pisciata di gatto nei gerani e che si litiga tra fratelli sul letto di morte del vecchio ricco; che spesso se si deve scegliere tra stare così così in due o uno benissimo e l'altro di merda, si finisce nella maggioranza dei casi per l'opzione due.
Anche questa consapevolezza di sé costa fatica, e tempo.

Ma so anche che l'uomo è l'unico essere vivente con il libero arbitrio (lasciamo perdere derive religiose, please), e che abbiamo sempre una scelta, e che la scelta è necessaria e difficile perché richiede comunque la perdita di qualcosa. Nel micro e nel macro.
E so anche che non possiamo prescindere dalla tensione a stare meglio, ma che si sta veramente bene se si sta bene tutti.

Oppure no, oppure vincerà l'istinto di morte e vaffanculo, sceglieremo sempre e comunque me, ci massacreremo e la terra alla fine creerà un buco e ci cacherà via tutti con una sonora scorreggia. Dentro sacchetti di plastica.
Di sicuro non saremo né i primi né gli ultimi ad estinguerci perché inadatti.

Ma di sicuro saremo i primi ad estinguersi perché cretini.

lunedì 3 gennaio 2011

Il re piccolo ciccione

La notte a cavallo tra i due anni, quello che se ne è andato e quello che deve ancora farsi, ho fatto un sogno strano. E' il sogno di un uomo, e questo uomo è come un piccolo re, e questo piccolo re entra in una porta. E questa porta è una porta strana, non apre e non chiude niente, non tiene fuori nulla e non contiene un dentro, è una porta nel mezzo del vuoto, come una porta nel deserto, o nella prateria, o nella steppa desolata, desolata ma non triste, questa porta schiaffata lì nel mezzo e il perché non si sa, non è dato sapere. C'è questa porta banale, lì, socchiusa.
Ho fatto questo sogno strano che questo piccolo re ciccione con il mantello rosso e i rubinicherubini oltrepassa questa porta e da quel momento, d'un tratto e senza spiegazione alcuna, da quel momento si dimentica dei colori, proprio di tutti i colori, dell'esistenza di tutti i colori del mondo. Dopo che è passato da quella porta, questo strano piccolo re vede tutto grigio.

Poi non mi ricordo molto bene i pensieri che ho fatto, sognando.
Per esempio credo di aver pensato, mentre sognavo, perché delle volte io faccio i sogni e mentre li faccio penso contemporaneamente al senso intrinseco del sogno stesso, ecco, devo aver pensato che il fatto che il re piccolo ciccione si sia dimenticato dei colori può voler dire che è il suo cervello che non li vede più, non è che sono i colori a non esserci più.
Anche quando sogna, questo re piccolo, i suoi sogni sono senza colori, questo re sogna in bianco e nero. Tutti li possono ancora vedere, i colori, invece il suo cervello non li vede più, e questo dopo che è passato dalla porta in mezzo al niente.
E' un po' un casino vestirsi, per quest'uomo, questo mi ricordo di aver pensato, perché per lui, da adesso, è tutta una tonalità di grigi, non vede i colori e non sa che cosa indossa. Ma in realtà non è nemmeno poi tanto difficile vestirsi perché lui, nel suo armadio, ha solo cose grigie o nere, tranne il mantello rosso, che lui vede grigio anche quello, ma son sicura che non è Babbo Natale, nono. E' un re.

Poi devo aver fatto altri pensieri, infatti mi ricordo che li ho fatti; ho pensato a questo re senza colori, con un cervello deficiente. Ecco, mi ricordo questa parola, deficiente, mi chiedevo se c'era la i di ciente. Poi c'era la parola deficia, il re deficia nel cervello in quella parte che deve vedere i colori. Questa parola strana, deficia, era molto colorata, grande, e fluttuava nell'aria sopra a questo niente del deserto, o della prateria, o della steppa, fluttuava come le parole nei vecchi desktop quando scattava lo screensaver, fluttuava, io la guardavo e pensavo al verbo deficere, ci va la i? pensavo mentre il verbo deficere fluttuava davanti a me, al re deficiente con la i e alla porta sul niente di questo strano sogno.

Ho pensato anche, mentre facevo questo sogno, al momento in cui l'altra sera ero al cinema e guardavo quel film che va di moda adesso, TRON, quello treddì, sìsì, mi sono messa a pensare a quel film lì, che mentre lo guardavo con gli occhiali treddì sembravo una vecchia che guarda il mondo un po' con gli occhiali e un po' no, che se li fa calare sul naso e guarda da sopra, e guarda anche tutti quelli nel cinema con lei che invece sono seduti dritti e comodi e guardano con estrema naturalezza il film. Solo io, forse, ho delle perplessità nella visione, come un sentirsi tesi, scomodi. Rilassati! pensavo, lasciati andare e vedrai che va meglio, invece niente, perché forse il mio cervello ha dei problemi a vedere le cose con gli occhiali treddì, che fastidio, vedere tutto un po' sfocato, non riuscire a godersi il famoso treddì.

Forse ho anche pensato, mentre facevo il sogno del re, che il mio cervello deficia con la i, è deficiente nel vedere i film treddì, e la parola deficere fluttuava davanti a me, come a dirmi qualcosa, non so cosa.
I colori però io li vedo, pensavo.

Poi mi sono svegliata dal sogno del re il cui cervello non vede più i colori.
Erano le quattro di notte.
Bah, ho pensato.
Poi ho fatto una riflessione importante: ho passato i giorni a cavallo di due anni diversi nel letto a delirare per la febbre e i dolori alle ossa, non potevo non condividere la gioia di questi deliri.

Se pensate che questa storia abbia un senso, questa storia di un re ciccione che oltrepassa una porta in mezzo al nulla e da quel momento il suo cervello deficiente è incapace di vedere i colori, un po' come il mio di capire il treddì, ebbene, se fate questo ragionamento, sappiate che incorrete in grave errore. Di senso questa storia non ne ha alcuno.

Signorina, ora può far partire il conto all'incontrario.

Veramente si dice conto alla rovescia.


Signorina, ora può far partire il conto alla rovescia.


Ma questa cosa non ha senso.


Esattamente come questo post.


Buon 2011 a tutti, che non l'avevo ancora detto. Che screanzata.