lunedì 30 aprile 2012

un sogno a occhi aperti

Una volta ho fatto un sogno a occhi aperti che praticamente prendevo una mentina POLO e ci mettevo dentro la lingua, e che poi la lingua si incastrava dentro il buco, poi dicevo aiuto, mi guardavano, dicevano: la punta della tua lingua sta diventando blu, io mi spaventavo, urlavo con difficoltà per via di questo fatto che avevo la punta della lingua blu incastrata nella POLO, poi chiamavano l'ambulanza, l'ambulanza arrivava ma nel frattempo la POLO si era sciolta e l'infermiere mi dava uno schiaffone e mi diceva Non si fanno questi falsi allarmi e i testimoni fischiettavano e facevano finta di niente.

(dovevo equilibrare per finire Aprile)

domenica 1 aprile 2012

cervelli verdi fritti alla fermata del web

A metà marzo, su Internazionale, è uscito questo articolo che mi ha fatto fare alcune riflessioni che riporto qui.

L'idea che la rete e l'accesso libero alle informazioni e alla cultura siano di per sé "autentica democrazia" è ingenua, infantile e fuorviante. Se si ha libero accesso alle informazioni e alla socialità e non si è dotati di spessore culturale e etico per usarle non necessariamente si avrà "autentica democrazia", anzi: se chi le usa è un idiota, può portare alla libera circolazione di demenzialità, superficialità e proiezioni narcisistiche di sé con alto potenziale patogeno e virulento. Alcuni social network sono popolati più da "amici di Maria" narcisi che da persone in grado di trovare e condividere contenuti interessanti, o in grado di criticare e riflettere su opinioni e argomenti vari, nonché capaci di tracciare nuove interessanti narrazioni (sia del presente che storiche, come tracce per un futuro possibile). Articoli complessi e più lunghi di tot caratteri sono spesso (non sempre) liquidati in fretta perché non c'è il tempo di approfondire o capirne il contenuto, non parliamo poi del criticarlo in modo analitico e intelligente, anche costruttivo. Credo che solo una piccola parte di popolo connesso sia in grado di fare operazioni di analisi e sintesi intelligenti. E allora mi chiedo: davvero si pensa che basti il libero accesso perché ci sia democrazia? E mi rispondo di no. Troppa strada deve fare la civiltà del web per dirsi rivoluzionaria. Avere accesso non basta.

Czerski scrive: "Partecipare alla vita culturale per noi è una cosa normale: la cultura globale è alla base della nostra identità e serve a definirci più delle tradizioni, delle narrazioni storiche, dello status sociale, delle genea­logie e perfino della lingua che usiamo. "

Tralasciando il discorso sulle genealogie, sullo status sociale e sulla lingua, possiamo davvero ritenere "identità" qualcosa che si forma prescindendo dalle tradizioni e dalle narrazioni storiche di cui facciamo parte? O meglio: è "identità"? Di che tipo?
Che cos'è la "cultura globale" che Piotr dice essere alla base della sua identità?
A me questa frase (meglio dire slogan?), francamente, spaventa. Sono cresciuta con l'idea -per dirla in soldoni- che il presente sia frutto del passato, nel bene e nel male, e che dal passato costruiamo il futuro anche attraverso la rilettura delle narrazioni storiche, attraverso il superamento degli errori, aggiustamenti, ripensamenti, analisi, fatica; che il presente sia una nuova e originale sintesi delle contraddizioni del passato e che sarà a sua volta la base per un nuovo presente, e così via; ritengo che anche il "progresso" (ma su questa parola ci sarebbe da scriverne a fiumi, forse è meglio dire semplicemente "cambiamento") sia un fattore lineare ottenuto con la continua riformulazione o creazione di nuovi tasselli che si sommano (o sostituiscono) a quelli preesistenti, sia nella scienza, che nella cultura umanistica, che nella riflessione esistenziale fino alle abitudini di comportamento, che altro non sono che le mentalità che guidano la vita quotidiana. Siamo anche quello che siamo stati, pur immersi in un eterno divenire. Che cosa si intende per "cultura globale" alla base della propria identità? Che cos'è? Un continuo scambiarsi bulimicamente contenuti, senza radici alcune?

Il web viene frequentato anche in modo superficiale e senza reale consapevolezza dalle nuove generazioni, spesso disarcionate dalla tradizione, spugne passive del pensiero unico, consumatrici facili da affascinare perché in fondo incapaci di analisi critica e che possono diventare vittime e carnefici insieme, essendo al tempo stesso la malattia e la vittima della malattia. Senza analisi critica, senza lo sforzo del pensiero non c'è "cultura" ma replica. Tanto meno si deve avere l'illusione di una "cultura globale".

(Non so chi siano i "noi" di cui parla questo ragazzo nato nel 1981).

E così succede che c'è chi le informazioni le manovra e le usa a suo scopo, per comandare e manipolare l'altro e arricchirsi, e chi invece non lo può fare perché non ha ( o meglio non ha sviluppato) le adeguate strutture di pensiero.
La "tradizione" può e deve essere tasformata, così come il modo di narrare la storia; può costituire la base sulla quale di volta in volta costruire nuovi significati. Ma non si può prescindere da essa e per farlo ci vuole capacità e impegno. Su cosa ricami, se non hai una tela? Come crei un nuovo pensiero se sei solo un consumatore acritico e deresponsabilizzato di idee e opinioni altrui?

Siamo davvero immersi nell'eterno presente fuori dal tempo e dallo spazio? O è solo l'ennesima illusione pubblicitaria, volta più ad un autoconvincimento di essere portatori di novità storica e noi meglio verso il futuro, voi vecchi ancorati a modelli, ormai inservibili, del passato?
Non avendo avuto la possibilità (o non avendo voluto fare lo sforzo) di formarsi un pensiero pensante critico e creativo, il cittadino comune soccombe, anche il nativo digitale, nella vita reale e nella tv prima e nel web oggi, restando di fatto solo consumatore sedotto, passivo e quindi sostanzialmente schiavo di merci e di opinioni (il copia-incolla di slogan o informazioni come illusione identitaria) seppure con l'ultimo modello di iphone o smartphone in mano.

Una "autentica democrazia" prima si preoccupa di formare i cittadini al pensiero critico, anche attraverso lo studio lineare e storico delle origini, della tradizione e dei processi che li implicano, in un percorso faticoso e difficile di consapevolezza del perché e del come siamo arrivati dove siamo (chiedendo uno sforzo necessario e indispensabile al singolo e alla comunità che impiega soldi e risorse); poi sì, deve permettere libertà d'accesso alla rete e alle informazioni, in una continua mediazione, negoziazione creazione e scambio di significati che divengono allora, così, cultura. E (forse) democrazia.